Ulteriori significativi legami tra S. Maria Nuova, il Comune e la popolazione viterbese sono stati creati dalla devozione per il Ss. Salvatore, la cui immagine venne in modo prodigioso rinvenuta nel 1283.
Lo storico Feliciano Bussi riferisce che le modalità del ritrovamento furono registrate a memoria dei posteri nel Libro delle Riforme del Comune per gli anni 1716 e 1717: due bifolchi, che nel marzo 1283 aravano un campo in località Chirichera, dovettero interrompere il lavoro perché i buoi si fermarono e, sebbene pungolati e bastonati, non vollero saperne di procedere; anzi si inginocchiarono. Scavando con le zappe, gli aratori rinvennero una cassa di pietra al cui interno fu trovata una stupenda immagine del Salvatore, un trittico in cuoio su tavola di scuola romana, probabilmente degli inizi del sec. XIII, di stile bizantino (tanto da indurre a ritenerla del V o VI secolo), verosimilmente copia dell’immagine del Salvatore custodita in Laterano.
Numerose supposizioni sono state fatte sui motivi per cui l’icona era stata sotterrata alla Chirichera, ma il ritrovamento, anche per le straordinarie modalità con cui era avvenuto, suscitò grande scalpore ed emozione nella popolazione.
Sei preti di S. Maria Nuova andarono a prendere l’immagine per portarla in città; presso Faul l’attendevano tutto il Clero e i rappresentanti del Comune e processionalmente venne portata a S. Maria Nuova, che non solo –come si è detto- era la Chiesa ove il Comune custodiva i propri atti, ma era anche la sede dell’Arte dei Bifolchi, una delle più cospicue del tempo.
Nella Chiesa venne eretta una Cappella e in un tempietto marmoreo fu collocata l’immagine miracolosa; il Comune assunse il giuspatronato della Cappella, per la cui manutenzione decretò un contributo annuale pagato fino al XIX secolo (altre elargizioni furono erogate in diversi momenti successivi). Inoltre, il Comune partecipava ufficialmente a tutti i riti in onore del Salvatore, che acquisirono una importanza rilevante nella vita religiosa e sociale della città: il 15 agosto il Cappellano Municipale celebrava la Messa all’altare del Salvatore e dava la pace al Gonfaloniere e agli Anziani che vi assistevano in pompa magna.
Tale era l’importanza della festa, che negli Statuti Comunali del 1344 e poi in quelli del 1469 fissò la solenne processione alla sera della vigilia dell’Assunta, stabilendo altresì l’ordine che le Arti dovevano rispettare nella sfilata: era aperta dall’Arte dei Bifolchi, artefici del ritrovamento, con il loro vessillo, seguita dal clero cittadino, dal podestà, dagli otto del popolo, dal prefetto, dai nobili, giudici, medici e notai, tutti paludati in ricche vesti; venivano poi, con le rispettive insegne, le Arti dei Mercanti, Speziali, Fabbri, Calzolari, Macellari e Pesciaroli, Falegnami, Funari, Lanaroli, Sartori, Pellai, Osti e Tavernieri, Ortolani, Molinari, Pecorari, Muratori e Scalpellini, Tessitori, Fruttaroli, Barbieri, Vasai, Legnaioli, recando ciascuna un cero il cui peso era puntualmente prescritto nei rispettivi statuti e che veniva poi donato alla Chiesa.
La processione attraversava tutti i rioni cittadini e si protraeva per molte ore: per diminuire i disagi del lunghissimo corteo, nel 1683 le autorità disposero quindi che ad anni alterni percorresse i rioni verso Pianoscarano e quelli verso S. Faustino. Il trittico del Salvatore era posto in una “Macchina” ricca e fastosa almeno come quella in onore di S. Rosa e veniva portata da 12 Facchini; era consuetudine porre a contatto con l’immagine miracolosa panni, indumenti, biancheria portati dai fedeli perché fossero benedetti: tale pratica devozionale è stata ripresa da qualche anno e continua a svolgersi con larga partecipazione di devoti in occasione della Festa del SS. Salvatore che si celebra la seconda domenica di maggio.
Processioni straordinarie furono indette in occasione di eventi di particolare importanza per la vita cittadina: nel 1644 per celebrare la pace tra Urbano VII e i Farnese per il Ducato di Castro; per la pestilenza del 1656; dopo il violento terremoto del 1695 seguito da grandinate che danneggiarono i raccolti; per il Giubileo straordinario concesso ai viterbesi da Clemente XI nel 1709; per implorare l’allontanamento delle locuste nel 1778 e nel 1783; in tante altre occasioni in cui veniva richiesta dal Comune o dalla popolazione la protezione del Salvatore.
Venne proibita dopo il 1870 e nonostante i tentativi di ripristinare la tradizione, la processione non fu più effettuata fino agli scorsi anni ’60 allorché fu ripresa collocando una copia della preziosa tavola su un carro agricolo trainato da buoi che percorre il centro storico, con un rito meno fastoso di quello dei secoli passati, ma sicuramente di grande suggestione e di notevole interesse.
Il prezioso dipinto del SS. Salvatore è stato restaurato dal Laboratorio di Restauro del Polo Museale Romano per conto del Ministero dei Beni e Attività Culturali è stato restituito alla Chiesa di S. Maria Nuova e alla città di Viterbo nel maggio 2007.
Preghiera al Ss. Salvatore
“Gesù, ricordati di me” E’ stata questa l’accorata preghiera, l’ultima, rivolta a te, inchiodato sulla croce. E tu, il cui nome è salvezza, l’hai compresa, l’hai accolta, esaudita. Gesù Salvatore noi oggi dinanzi alla tua immagine ritrovata, custodita, amata dai padri contempliamo estasiati il tuo volto. Tu, con i grandi tuoi occhi d’amore, ci guardi e leggi anche nei segreti del cuore. Accogli le invocazioni e le speranze delle famiglie, dei bambini e dei grandi, di chi soffre nell’anima e nel corpo e con la tua mano benedicente donaci la serenità, il coraggio, la pace.
O nostro Salvatore con te il cammino sarà più sicuro. La fede, la speranza, l’amore guidino sempre i nostri passi e tu, nei momenti oscuri e difficili, Signore, salvaci!
Amen
Lorenzo Chiarinelli, Vescovo di Viterbo
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